Intervista a Maurizio Ballabio, uno dei soci fondatori di Anteo

  • In occasione del 39º compleanno di Anteo, Maurizio Ballabio, uno dei suoi fondatori, si racconta

Raccontaci la nascita di Anteo, il fermento di quegli anni, i sogni di tre giovani ragazzi...
 
Era il primo maggio del 1979. Eravamo io e Lionello (Cerri), insieme a Raimondo Paci, la mente economico-finanziaria del gruppo. Quegli anni erano caratterizzati da una ventata politica di cose nuove, un movimento che ci pervadeva. Avevamo appena vissuto il movimento del ’77, in noi come in quelli della nostra generazione vi era una grande voglia di fare, di costruire, di rendersi autonomi e indipendenti. Di fare cultura. Anteo è una delle poche realtà nate in quegli anni che ancora oggi esiste. 
 
Qual era lo stato di salute del cinema in quegli anni?
 
Quando siamo entrati nel mondo nel cinema, nel 1979, il cinema era un po’ atrofizzato. Abbiamo portato i nostri 24 anni carichi di energia e idee in un settore che, in quel momento, era privo di carica e di idee. Si registrava una crisi verticale del cinema dovuta all’abbandono delle sale da parte del pubblico. Il motivo? Sia la presenza di prodotti non qualitativamente all’altezza, sia le novità dal punto di vista dei mezzi e dell’offerta culturale. Il cinema nel 1979 è un settore in crisi che si guarda dentro senza capire perchée che fa poco per “uscire fuori”.
 
Siete partiti da qui… 
 
Sì, per emergere abbiamo cercato di applicare regole che appartengono piùal mondo della pubblicità, che altro. Andavamo a cercare il cliente. Come? Mediante altre realtà già forti sul target che ci interessava, come Radio Popolare, un vero e proprio “media partner” di Anteo. La relazione con Radio Popolare non era basata su spot pubblicitari, ma su un tipo di coinvolgimento del pubblico proprio dei meccanismi comunicativi del mezzo. L’obiettivo era quello di fidelizzare il pubblico mediante un rapporto costante e continuo di comunicazione reciproca in modo che io sappia cosa proporre e che il pubblico abbia la soddisfazione di vedere proposto ciò che ama. L’offerta culturale era – ed è ancora – la chiave di tutto. Si invoglia il pubblico a venire tramite la cultura.
 
C’è un periodo particolarmente importante che vuoi ricordare?
 
Il gennaio del 1981: il periodo della svolta. Quello è stato un periodo epocale iniziato con la proiezione di “The kids are alright” (in italiano “Uragano Who”), seguita da “Radio On” e da “Alice nelle città”. Con quest’ultimo abbiamo fatto il botto. È questo il momento in cui entriamo nel mercato, ci assestiamo e cominciamo a fare una serie di cose. In quel periodo la cinematografia era molto politica (pensiamo a film come “Il diritto del piùforte”), noi l’abbiamo abbracciata e ne abbiamo proposto i titoli, anche in lingua originale con sottotitoli. Qui nasce l’Anteo. Da questo embrione nasce ciò che l’Anteo è ancora oggi: un cinema che propone una cinematografia di qualità, allora alternativa, quasi borderline. 
 
Ci hai raccontato l’Anteo, ora raccontaci chi era nel 1979 uno dei suoi fondatori… 
 
Chi ero io? Ero un appassionato di cinema, ora il cinema lo odio. (ride) Scherzi a parte, pensa che a 14 anni tagliavo le recensioni dai giornali e le appiccicavo nel mio personale quadernetto delle recensioni. Andavo al cinema almeno due volte a settimana e ho visto Ultimo tango a Parigi durante il primo dissequestro. E come dimenticare Arancia meccanica in prima visione al Mediolanum a 1500 lire… 
Ho avuto la fortuna di essere nato negli anni Cinquanta e di avere vissuto un’evoluzione della società che mi ha permesso di essere sensibile a una serie di cose, positive e negative. Forse non ci siamo mai resi conto dei cambiamenti epocali che stavamo vivendo… Ora ti guardi indietro e ti rendi conto che tutto quello che è successo a livello sociale e culturale ti ha formato. 
 
E Milano? Era già così ricettiva? 
 
A Milano esisteva un circuito d’essai fondato da Francesco Pellicani, padre del cinema milanese. Le cinque sale del circuito erano Orchidea, Rubino, Centrale, Nobel e Anteo. Pellicani ci considerava ormai come nipoti, fu lui ad affidarci la gestione dell’Anteo il primo maggio del ’79. Di questi, oggi, insieme all’Anteo, solo il Centrale vive ancora, ma, pur essendo il primo multisala vent’anni prima che nascessero i multisala, èsempre rimasto uguale a se stesso.
 
A differenza di Anteo… Qual è il vostro segreto? 
 
(Ride) Forse è stato il fatto di creare una situazione. Tutti inseguivamo il sogno – e il mito – di fare cultura. Ma non era facile proprio perché eravamo in tanti. Noi abbiamo visto oltre, puntando e partendo dal pubblico, dalla sua fidelizzazione. Fin dagli inizi abbiamo creato una situazione di contatto, di rapporto uno a uno, con i nostri spettatori. Le rassegne, ad esempio, non sono una nostra invenzione, esistevano già. Ma noi le abbiamo vestite di un taglio particolare, ne abbiamo creato un evento ricorrente, continuativo nel tempo. 
 
Ed è così ancora oggi… 
 
Sì, rassegne come riVediamoli sono ancora uno dei nostri punti di forza. Nonostante il rapporto con il pubblico costruito grazie a queste sia la chiave del successo di Anteo, nel corso degli anni, l’offerta èmutata come sono mutati i mezzi e i meccanismi propri di questo settore. Quello che ci interessa èessere il piùcontemporanei possibile. Solo in questo modo puoi andare alla ricerca di nuovo pubblico. Devi essere ricettivo e capire cosa interessa agli spettatori oggi. Si parte dal pubblico per creare uno spazio, per arredare un luogo culturale.
Anteo èsempre andato ad acchiappare ciòdi cui il pubblico aveva bisogno e che non aveva altrimenti a disposizione. I corsi di educazione all’immagine, ad esempio. A quei tempi li faceva solo la Cineteca.
Alla luce di questo, un altro passaggio fondamentale èquello del 1997 con il passaggio a tre schermi. Oltre alla varietà dell’offerta, abbiamo creato uno spazio polifunzionale, costruendo accanto alle sale il ristorante e la libreria. Anteo nel 1997 diventa uno spazio da vivere a 360 gradi e la proposta si affina. Palazzo del Cinema èl’apoteosi di questo. 
 
 
Il progetto di Anteo, ora Palazzo del Cinema, è in continua evoluzione, risponde a un disegno nato nel maggio del 1979, tutt’oggi esistente. Mi viene spontaneo chiederti cosa ne saràtra 10 anni, ad esempio… 
 
Tra 10 anni? Non ci voglio neanche pensare! (ride) Beh, sarebbe bello se i bambini e i ragazzi che oggi frequentano le scolastiche in Anteo, fossero il pubblico di domani. Lo dico per raccontare il nostro fondamentale rapporto con le scuole: organizzare iniziative ad hoc per studenti e docenti è un modo per creare nuovo pubblico. È importante il compendio che lo spettacolo cinematografico restituisce rispetto alla lezione frontale tradizionale. È fondamentale educare all’immagine ed educare al mezzo cinematografico fin dai primi anni di scuola.

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