Presentazione del libro "Nove vite e dieci blues" di Mauro Pagani

  • Casa Anteo apre la porta per la prima volta, e lo fa non a caso ma per inaugurare come si deve, con un amico eccezionale.

Per presentarlo scelgo uno dei suoi minima moralia – ma meriterebbero di essere citati tutti - un decalogo alla fine dell’autobiografia, il numero 4: Cos’è la libertà? Poter scegliere di fare il bene.

Ecco, io vi auguro di leggere questo libro, Nove vite e dieci blues di Mauro Pagani, artista e musicista poliedrico, protagonista di primissimo piano della scena italiana, e non solo, fin dagli esordi con la Premiata Forneria Marconi. Ve lo auguro perché so che ne ricaverete il piacere di un racconto avvincente che solca decenni della storia della musica più bella del nostro Paese con decine e decine di artisti e infiniti aneddoti, ma soprattutto ve lo auguro perché avrete il privilegio di conoscere un’anima errante e libera che parlerà alla vostra anima, facendole bene. 

Cito il moralia numero 5: Cos’è il bene? Il bene di tutti prima di ogni altra cosa.

Mauro inizia il racconto della sua vita dopo un fatto eccezionale – un regalo della sorte, scrive lui – che lo porta a rivisitare il proprio passato da un punto di vista nuovo. Il punto di vista, come sappiamo, è quello che può rendere speciale una storia che altrimenti sarebbe solo una storia. E poiché questa non è una recensione di un libro e un consiglio per l’acquisto ma un augurio di felicità, ci soffermiamo sul modo in cui Mauro guarda a se stesso e agli altri fin dai suoi natali nel febbraio del ’46 a Chiari, in provincia di Brescia. Un figlio della Liberazione? chiede una volta adulto alla madre. “Il 25 c’era trambusto – risponde lei – deve essere stato il 26 o il 27”. Ma certo i giorni sono quelli e la prima infanzia di quella generazione è segnata dall’uscita dal conflitto, e forse sbaglio ma penso che Mauro abbia iniziato a far propria l’idea di libertà e di difesa dall’oppressione – qualsiasi sia e in ogni tempo, anche l’oppressione delle convenzioni di cui siamo per scelta schiavi - fin dalle prime ore nel grembo materno.

Più in generale, è una sorta di grande camera gestazionale quella in cui Mauro cresce, prima bambino e poi ragazzo e – aggiungo io - sempre artista. Il contesto familiare e sociale non è propriamente unidimensionale, contiene in sé svariate e sottili (e apparenti) contraddizioni: è un piccolo mondo al centro di una terra vasta e ossessivamente piatta, quella pianura Padana intrisa di sapienza contadina e operosità lombarda. O si lavora o si lavora di immaginazione, e nel mentre si studia. Il padre Ugo, ex pilota di idrovolanti le cui gesta durante la guerra si tramandano di racconto in racconto, lavora nell’attività familiare, un’officina meccanica, ma è anche primo flauto della banda del paese. In casa c’è una libreria piena di libri che sua madre compra a rate e che rappresentano per Mauro l’intrattenimento principale nelle numerose giornate in cui a quei tempi si sperimentava un sentimento oggi sconosciuto ai più giovani: la noia. E, per ore e ogni giorno, nella casa di famiglia c’è sempre la radio accesa, altra passione materna. Inoltre: come dare qualche ora di svago a questo ragazzo solitario? I suoi genitori optano per far studiare a Mauro uno strumento, e la scelta cade sul violino anche se - negli intenti - per lui si prepara un percorso da ingegnere, passando per un liceo in un collegio salesiano a Treviglio. Piano che effettivamente non va a buon fine: il seme della musica è piantato e trova terreno fertile per crescere forte e nonostante tutto. I primi passi, così come li racconta Mauro, sono episodi degni dei migliori romanzi di formazione, perché comunque il fato cui si è predestinati bisogna a volte andarselo anche a cercare, come fosse la verifica di una vocazione sincera che l’universo impone.

In questo riassunto riduttivo delle origini e costretto dalla mia interpretazione personale di lettrice, penso si possa trovare la chiave di comprensione di un’esistenza avventurosa. Un’intensità che fa impressione - per la quantità e la qualità di cose fatte, per il talento di cui è intrisa e per il giro del mondo, su infiniti palcoscenici e altrettante camere d’albergo – e sembra quasi impossibile che possa stare così tanta vita in 200 pagine, e ora commetto un torto all’artista citando a caso dalla Pfm a De André, passando per la direzione del festival di San Remo alla notte della Taranta, alla composizione delle colonne cinematografiche, al lavoro di produttore artistico con tutti i più grandi interpreti italiani, in quel luogo mitico sul Naviglio a Milano che porta nel nome le origini familiari: Officine Meccaniche.

Nove vite e dieci blues, mica per niente.

Mauro attraversa la sua carriera che non è solo una carriera, ma anzitutto vita. Lo fa con una grazia densa di umanità, con un misto di stupore e di umiltà tanto rari quanto profondi, e attraverso le sue esperienze ne ricaviamo anche il ritratto di una società attraverso i decenni e fino alla modernità, un viaggio sulle note della musica che ci ha emozionato e che è parte di noi. E la prosa del libro, neanche a dirlo, è armoniosa come le note della canzone più dolce, un racconto romantico e lieve e mai compiaciuto di un uomo che non vive solo di se stesso, sempre conscio degli altri e del contesto, capace di scelte non scontate e a volte dolorose, ma anche generoso con la buona sorte e con il lettore, che tiene accanto a sè e a tutti i più grandi artisti.

Vi auguro di leggere questo libro.
Cristiana Mainardi

Presentazione del libro "Nove vite e dieci blues" di Mauro Pagani
DataMercoledì 21 settembre, ore 18.30
Luogosala Excelsior, Anteo Palazzo del Cinema
OspitiMauro Pagani con Manuel Agnelli e Michele Serra
IngressoLibero fino ad esaurimento posti

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